Leggere è uno dei modi più importanti per prendersi cura di sé, come scriveva il grande Borges, poiché ogni libro è un universo. I libri regalano benessere mentale, felicità intellettuale, rigenerazione spirituale, poiché sono una finestra sul mondo e una farmacia dell’anima. “Per qualsiasi disturbo, carenza, bisogno, i libri curano, confortano, nutrono. Sono amici fedeli e inseparabili, soprattutto in momenti di sconforto e di solitudine”.
Un viatico dunque antico, il libro, verso l’auto-aiuto a crescere e ad elevarsi in quanto uomini. Molti forse non sanno che sempre più diffusa tra le cliniche e le strutture ospedaliere è la pratica di utilizzare i libri in terapia, poiché, se scelti in modo oculato dal medico a seconda delle singole patologie e degli specifici casi, sembrano agire in profondità più di ogni altro farmaco e "trasformano" operando il salto, il necessario "cambiamento".
Si dice che il libro sia come una somministrazione omeopatica e involontaria in quanto la lettura disfa di notte quello che la memoria ha costruito di giorno, e compie un lavoro terapeutico vicino a quello del sonno e del sogno. Si parla del libro come una sorta di “bomba linguistica” che “lanciata” al paziente genera in lui una sorta di “scossa”, di vertigine che lo conduce all’interno di un viaggio interiore , portandolo all’effetto desiderato: quello di uscire da sé, entrare nelle vite degli altri, e rientrare più ricco, con nuove chiavi di lettura del proprio malessere o, comunque, della propria esistenza. La poetessa Dickinson ci ha regalato un ‘immagine suggestiva: quella del libro-vascello, il mezzo più potente e veloce per viaggiare, senza muoversi.
Dunque, al di là, comunque, della presenza di patologie conclamate e vere malattie, è irrinunciabile credere nell’uso esistenziale della lettura. In effetti, sovente i malesseri dell’anima, i disagi emotivi ed affettivi non dipendono necessariamente da vere patologie, quanto piuttosto dal negare spazio alle proprie esigenze interiori e dal bisogno di dare un senso alla propria vita: si tratta di quel sottile, strisciante “male di vivere”, di quella congenita insoddisfazione che ci appartiene come cifra noumenica. Siamo figli di Omero, e in particolare ,di Ulisse, dunque siamo affetti da una sorta di “nomadismo ontologico” che ci rende inquieti e instabili, in fuga da noi stessi.
In un mondo che corre vertiginosamente e che ha fatto della perifrasi “scaricare da internet” una sorta di nuovo comandamento mediatico, la lettura, attraverso il contatto fisico con la pagina, e al contempo l’ascolto di una parola pregnante rappresenta un’ancora di salvezza alla dispersione di sé e al caos, un momento “sacro” di pausa e di riflessione, irrinunciabile per ascoltarsi, scoprire se stessi e prendersi cura del proprio sé.
Quale miracolo avviene nel momento della lettura? Viene totalmente investita la vita interiore del soggetto! Si accende una comunicazione personale, intima, stretta con la pagina, e quindi con l’autore, attraverso una dimensione vissuta da parte di chi legge. In effetti cosa vuol dire avere cura di se stessi, cura sui come scriveva il grande filosofo Seneca? Significa semplicemente ascoltarsi, analizzarsi, “interrogarsi secondo un processo equilibrato di strutturazione e ristrutturazione di sé” ; lo strumento per realizzare pienamente questo processo è l’uso della parola , letta o ascoltata, attraversata e addomesticata . Il filosofo francese Montaigne parla di un retrobottega, una stanza tutta nostra, direbbe la Woolf, un cantuccio dentro cui possiamo rifugiarci ed essere davvero soli con noi stessi, mentre ci immergiamo nella “vigna del testo”, imparando, così, l’arte bellissima della RUMINATIO, della lentezza e della pazienza, della riflessione interiore.
Ed è naturale che siano soprattutto i grandi libri ad assurgere a tale funzione terapeutica, che significa letteralmente “mettersi al servizio dell’altro”, poiché svegliano, scuotono, "costringono" all’ascolto di se stessi e mettono in viaggio grazie al loro valore universale, cavalcano le fredde ali del tempo, attraversando epoche, storie, culture, religioni diverse, in quanto hanno una risonanza trasversale che va a toccare nel profondo le corde interiori dell’uomo di sempre. Si tratta della “magia” dei classici e della loro sublime arte di vivere che altro non è che il socratico conosci te stesso, prenditi cura della tua anima, quei classici che da Socrate a Platone, da Seneca ad Agostino, dalle vibranti risonanze di Pascal alle parole siderali di Nietzsche, dal picco solitario dantesco ai versi struggenti leopardiani e pascoliani, dalla vertigine di Dostoevskij e Tolstoij alla reiterata malinconia di Pavese, TUTTI offrono all’uomo addolorato, stanco e deluso la possibilità di dischiudere l’inesauribile segreto del suo universo interiore, poichè ,più di ogni altra disciplina, la letteratura e la filosofia possono davvero essere salvifiche, ambulanza che raccoglie i feriti per strada, i feriti dalla vita, farmaco per aprire i cantieri dell’anima e guarirne i crepacci.
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